INFORMAZIONI SUL COMITATO

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Il comitato nasce a seguito della minaccia di un ritorno al nucleare resa effettiva dalla Legge Sviluppo “ Le grandi riforme per rilanciare l’economia del paese” approvata in Luglio 2009 dal Governo. Il vecchio piano CNEN risalente agli anni 80’ prevedeva un sito nucleare a Legnago in località Torretta, e ad oggi mancando una definitiva localizzazione degli impianti, quel piano ritorna tristemente alla ribalta. Ad aggravare quest’ipotesi dobbiamo anche registrare l’intervento del Presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan che ha manifestato quest’estate la disponibilità ad accoglierne una nella nostra Regione. Il comitato si pone come mezzo di contrasto a questa scelta, nel nostro territorio e in tutto il territorio nazionale ribadendo l’importanza di investire nel risparmio energetico, nell’efficienza energetica e nelle fonti di energia rinnovabile in linea con altri paesi europei

sabato 27 marzo 2010

Nucleare, un decreto passato senza sentire le Regioni

(articolo tratto da l'Unità del 18 marzo)

Una beffa. L 8 marzo - festa delle donne - la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato il decreto legislativo con cui il Governo vorrebbe spingere l'Italia nell'avventura nucleare.

Il d.l. attua la legge 99/2009 e tuttavia va oltre in un modo che colpisce.

Questo Governo ha fatto tante chiacchiere sul federalismo ma in realt à ha approvato questo testo senza sottoporlo alle Regioni.

In testa al decreto sta scritto: "Preso atto che la seduta del 27 gennaio 2010 della Conferenza Stato-Regioni non si è tenuta" e prosegue con gli altri passaggi di rito: visto, acquisito, ecc.

Il Governo ha considerato non indispensabile il parere delle Regioni sul testo, forse per timore che venisse bocciato.

E un primo schiaffo alle Regioni.

Nei passaggi importanti - allo scopo di aggirare le contrariet à delle singole Regioni sulla localizzazione delle centrali - è previsto il parere della sola conferenza Stato-Regioni.

Il Governo cerca di ignorare che la singola Regione è l unica titolare del diritto di decidere sul suo territorio.

In realt à il Governo sa bene che difficilmente otterr à il consenso delle Regioni e cerca di conseguenza di imbrogliare.

Ne è conferma la fuga dal nucleare, per quanto opportunista, di tutti i candidati della destra alla Presidenza delle Regioni. Per i quali l unico nucleare buono è quello costruito altrove.

Il Governo poi scrive una norma capestro, palesemente incostituzionale, prevedendo che nel caso di disaccordo della Regione interessata ci sia un decreto governativo sostitutivo della mancata intesa.

In altre parole o la Regione accetta le centrali oppure il Governo decider à comunque di farle attraverso questo decreto sostitutivo.

E' necessario che le Regioni, pur in piena campagna elettorale, decidano rapidamente di fare ricorso alla Corte Costituzionale anche contro il decreto legislativo. Per evitare che sopravviva (ormai ha forza di legge) anche ad un giudizio negativo sulla legge 99/2009.

Il d.l. contiene altre perle.

Viene affermata con sicumera l'affidabilit à dell'energia nucleare e questo costituisce il fondamento ideologico della strategia nucleare del Governo, ignorando perfino le preoccupazioni espresse dalle Agenzie per la sicurezza di Francia, Finlandia e Inghilterra su diversi aspetti delle stesse centrali che dovrebbero essere costruite in Italia.

L'Agenzia per la sicurezza ancora non esiste e la legge prevede sia costituita mettendo insieme il personale di 2 uffici pubblici esistenti e senza fondi.

Eppure, stando al dl, l Agenzia dovrebbe controllare le proposte delle aziende per le centrali, i siti, la loro costruzione, ecc.

Chi conosce le Agenzie per la sicurezza di altri paesi non pu ò che rabbrividire di fronte all'approssimazione, alla faciloneria con cui il Governo sta affrontando il nucleare in Italia.

La ciliegina finale è l'autocertificazione prevista per i costruttori di centrali che dovrebbero essere controllati dall'Agenzia che non c ’è .

Alfiero Grandi





Quanto è sicuro il reattore finlandese in costruzione? In Italia vogliono costruire queste centrali

Al link in fondo a questo post potete vedere una scheda tratta dal sito di greenpeace, dove vengono elencati problemi ai vari componenti della centrale nucleare in costruzione in Finlandia (uguale a quelle che vogliono costruire in Italia), a scapito della sicurezza.
L'immagine parla chiaro, i commenti non servono... Sono le stesse centrali che vogliono costruire qui, nel nostro territorio nazionale...

Basta copiare e incollare (o digitare) l'indirizzo nella barra degli indirizzi del vostro browser.

Link: www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/file/scheda-olkiluoto

Nucleare, Prestigiacomo: “La scelta dei siti non sarà imposta”. Realacci: “Siamo arrivati a una farsa”

Articolo tratto da http://magazine.quotidianonet.ilsole24ore.com del 25 marzo

La localizzazione dei siti non potrà che essere concordata con i territori. Non ci saranno imposizioni”. Così il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, a margine di un appuntamento a Napoli all’ospedale “Pausillipon” a sostegno di Mara Carfagna, risponde a una domanda specifica sulle scelte del governo legate allo sviluppo del nucleare. “Del resto – aggiunge – gli italiani, a sentire i sondaggi, riconoscono che essere usciti dal nucleare non è stato conveniente per il paese. E poi importiamo energia da paesi che hanno centrali nucleari ai nostri confini”

Il ministro sottolinea che il nucleare “non è tema da campagna elettorale, ne parleremo poi”, e ribadisce che “i siti saranno scelti senz’altro con il coinvolgimento del territorio”. “Ricordiamoci che negli Stati uniti si è scatenata una competizione per avere le centrali nucleari, perché ci sono convenienze a fronte di garanzie totali di sicurezza”, conclude.

E’ d’obbligo ricordare però che in caso di conflitto con gli enti locali il ministero dello sviluppo economico ha il potere di avocare la decisione e imporre un sito.

Realacci, responsabile Green Economy del Pd: “Siamo a una farsa, ma a pagare saranno gli italiani”

“Sul nucleare ormai siamo alla farsa, peccato che i danni saranno a carico degli italiani. La Polverini dichiara che non lo vuole nessuno, Berlusconi oggi in Puglia rassicura che lì non si farà una centrale, così come tutti i canditati nelle varie regioni. E’ un imbroglio indecente che sta caratterizzando tutta la campagna elettorale del Pdl: mentire sapendo di mentire e negare ai cittadini la possibilità di fare del nucleare un punto di valutazione dei candidati in lizza”.

Cosi’ Ermete Realacci, responsabile Green economy del Pd, commentando le dichiarazioni di oggi della candidata alla presidenza del Lazio Renata Polverini.

“Appena si prova a parlare di contenuti – prosegue Realacci – il centro-destro sceglie la via della menzogna”. Il Governo, “unico caso in un paese occidentale – prosegue l’esponente Pd – ha approvato una legge che decide la costruzione delle centrali nucleari anche contro il volere di regioni e territori”. Ma in campagna elettorale “il tema viene sistematicamente rimosso e anzi si rassicurano gli lettori che non sarà in quella regione che si costruirà una centrale o un sito di stoccaggio delle scorie”, attacca Realacci.

Del resto, conclude il democratico, “Berlusconi sa benissimo che la maggior parte degli italiani, è contraria ad un ritorno all’atomo. Ma con la solita strategia racconta una verità mutevole e ben sapendo che il nucleare è un argomento complicato, volutamente lo nasconde o lo mistifica”.

Impregilo e il nucleare

Post tratto da isoladeimapinguary.blogspot.com

E noi dovremmo affidare la costruzione di centrali nucleari, che potrebbero ucciderci tutti per un piccolo errore,
alla società che ha costruito l'ospedale CROLLATO de L'Aquila?...

Articolo tratto da thepopuli.it:

Giovedì 9 luglio è stata approvata la legge per il ritorno al nucleare, in barba alle volontà degli italiani, che negli anni ‘90 avevano potuto esprimere il loro dissenso tramite il referendum. Il referendum a quanto pare è scaduto, o semplicemente la voce in capitolo dei cittadini è stata annullata ed il nucleare è stato riabilitato dal parlamento col disegno di legge S. 1195-B. Così quando il resto del mondo inizia ad abbandonare il nucleare l’Italia comincia a fornirlo e si guarda bene dal finanziare altre fonti alternative, meno dannose e in ottica futura anche meno dispendiose.

Però c’è la lobby da accontentare, sempre la solita, quella di Impregilo, che viene subito accontentata da una mozione presentata da tre avvocati (Alicata, Coronella, Nania), un amministratore di banca (D’Alì), un professore ordinario di storia (Quagliariello), un medico chirurgo (Vieconte), un commercialista (digilo), una insegnante (Gallone), un imprenditore (Nessa), un consigliere regionale (Orsi) e, dulcis in fundo un dirigente industriale (Dell’Utri) ed un giornalista, o meglio, un iscritto all’albo dei giornalisti (Gasparri). Tutti esponenti del PDL, partito con amicizie vicine ad Impregilo, nessuno esperto di ambiente, ma bravi tutti di lingua come portatori d’interesse delle lobbies industriali.
Cosa fa questa allegra combriccola di nomi, in cui vi è anche il senatore Dell’Utri, fondatore di Forza Italia, presunto postino tra Corleonesi e Berlusconi, condannato a 9 anni in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa? Presenta una mozione, ovviamente approvata, in cui impegna il governo a persistere nella politica del nucleare, e tralasciare il solare termodinamico perchè troppo dispendioso e di difficile applicazione. Il che potrebbe essere anche verosimile, in un ottica di breve periodo ed applicabilità, però perchè fare una mozione per ribadire il concetto?
Chiaramente ancora una volta la lobby di Impregilo ha vinto, come ha vinto con il ponte sullo stretto, la ricostruzione dell’Abruzzo, le linee ad alta velocità tra Milano e Napoli e Torino e Venezia, il passante autostradale di mestre e gli adeguamenti sulla Salerno-Reggio Calabria, la monnezza di Napoli, la costruzione dell’inceneritore di Acerra. Impregilo è, insomma, il braccio armato del governo, non è un caso infatti, che proprio nel corso della gara d’appalto per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, lo stesso Dell’Utri di cui sopra, assicura all’amico Carlo Pelanda, che a sua volta riferisce all’allora presidente di Impregilo Paolo Savona, che “La gara per il ponte sullo Stretto la vincerà Impregilo”. Da allora (2005) i vertici societari sono cambiati, ma è arrivato Salvatore Ligresti, uno dei condannati di tangentopoli (2 anni e 4 mesi), tangentista diretto di Craxi e oggi stakeholder di Berlusconi nel tessuto imprenditoriale italiano, tantochè negli ultimi giorni si vocifera un riassetto azionario nel Milan, dove avrebbe un posto nel pacchetto azionario, dato che nel cda del Milan siede già il figlio Paolo.
Le centrali nucleari infatti verranno costruite e messe in funzione da Impregilo, infatti, il senatore Dell’Utri, non ha perso occasione per rivendicarne l’appoggio perfino tramite una mozione parlamentare al Senato.
Questo nucleare per la fornitura energetica non è un passo avanti per l’Italia e per la sua popolazione, che, oltre a dover contare sulla medesima situazione energetica in cui ora si trova, dovrà anche fare i conti con lo smaltimento delle scorie, problema, che con il solare termodinamico non sarebbe nemmeno sorto.
Eppure, quando le lobbies la fanno da padrone succede che l’interesse del cittadino non conta più nulla, ma quello del piccolo gruppo di potere rimane sacrosanto. E qui non si parla solo di costi, ma di salute.
Marcello Accanto dal suo blog “Artaut” fa inoltre notare le parole del fisico Carlo Rubbia, che sono un ottimo cappello di smentita alla mozione pro-lobby del nucleare:
un ipotetico quadrato di specchi di 40mila km² (200km per ogni lato) basterebbe per sostituire in toto tutta l’energia derivata dal petrolio prodotta oggi nel mondo, mentre per alimentare un terzo dell’Italia basterebbe un’area equivalente a 15 centrali nucleari: vasta, in pratica, quanto il Grande Raccordo Anulare“.

mercoledì 24 marzo 2010

COMUNICATO STAMPA DI LEGAMBIENTE

Rovigo, 23 Marzo 2010 Comunicato Stampa

COMINCIA OGGI IL NUCLEARE ALL’ITALIANA
MA DOBBIAMO PROPRIO METTERLE QUESTE CENTRALI NUCLEARI?
E DOVE? IN POLESINE? A LEGNAGO? A CAVARZERE?
BASTANO LE CARATTERISTICHE NATURALI DEL TERRITORIO?
E LE POPOLAZIONI ESISTONO?
QUALE LA FINE DEL LE ATTIVITA’ ECONOMICHE COLPITE DALLA CENTRALE?
E QUALI I VERI COSTI?

Da oggi i siti delle nuove centrali nucleari verranno scelti non dallo Stato ma dai privati, saranno equiparati ad aree militari e, come tali, segreti. Le regioni non potranno opporsi alla localizzazione degli impianti sul loro territorio
“Ma il tema del ritorno del nucleare – afferma Michele Bertucco, presidente di Legambiente Veneto- anche se il più sentito dai cittadini viene abilmente evitato dai candidati presidenti. Il silenzio pre-elettorale imposto da Berlusconi, però, non ha fatto dimenticare agli elettori lo spauracchio degli otto reattori previsti sul territorio nazionale”.

Legambiente ha posto a tutti i candidati governatori la domanda “ disponibile o contrario ad ospitare una centrale nucleare sul territorio regionale?”. Il risultato è stato quasi plebiscitario, con tutti i candidati contrari. Una domanda sorge spontanea: se il governo non riesce a convincere i suoi candidati, come pensa di convincere i cittadini italiani?

Le ragioni dell’ambiente e delle popolazioni –secondo Legambiente

La regione Veneto è una possibile candidata ad ospitare un impianto nucleare, si dice nella zona compresa tra Adige e Po, a partire dalla Bassa Veronese fino al mare.
Un territorio che non è un deserto
E’ un territorio che ha densità abitativa minore che altrove, ma la popolazione c’è ed è tanta, localizzata in piccoli centri diffusi sul territorio.
Territorio ideale per una centrale nucleare?
Proprio l’intreccio fra fattori naturali e umani ci avverte che non bastano le caratteristiche naturali per designare come idoneo il territorio del Basso Veneto.
Vulnerabilità presenti
Da decenni si avvertono le principali vulnerabilità del territorio: inquinamento delle acque, l’alterazione della struttura dei corsi d’acqua, subsidenza e conseguente erosione degli scanni sabbiosi, avanzamento del cuneo salino, impatto della centrale termoelettrica di Polesine Camerini.
Le nuove vulnerabilità portate dal nucleare
Le centrali che il Ministero delle Attività Produttive prevede, hanno bisogno di 100 mc/secondo di acqua. Una quantità che il Po sarebbe in grado di fornire. Teoricamente.
Queste sono zone a rischio idraulico, cioè zone soggette ad inondazioni periodiche, zone a deflusso difficoltoso, cioè aree di ristagno idrico per mancato drenaggio in quanto terreni poco permeabili, in definitiva, come dichiara il Piano territoriale Provinciale di Rovigo, “zone ad alta vulnerabilità”.
Un territorio che può aspettarsi esondazioni, che è mediamente al di sotto del livello del mare (-2,-4 m.), con i due maggiori fiumi di Italia pensili nel tratto del Polesine non è territorio adatto ad una centrale nucleare nel mondo intero. Ma l’Italia fa parte del mondo?
Occorrerebbero costi aggiuntivi. E allora dove sarebbe la convenienza (predicata già ora senza uno straccio di prova) del nucleare che tanto sbandiera il ministro Scajola?
Ma poi c’è veramente tanta acqua?
Una centrale EDR come quelle immaginate da Ministro Scajola richiedono 100 mc di acqua al secondo.
Il problema è dunque: per garantire l’acqua alla ipotetica centrale nucleare veneta (e quella piemontese, anch’essa ipotizzata, non avrà bisogno della stessa quantità attinta dal Po?) quanta agricoltura dovrà essere privata di acqua?
Per di più l’ 89 % dell’acqua prelevata dal fiume viene asportata da Piemonte e Lombardia e solo l’11 % dall’Emilia-Romagna e Veneto.
Facile capire che l’agricoltura più colpita sarà quella del Polesine e del Delta in particolare.

Ma ancora…
Il cuneo salino, nei periodi di maggiore siccità, si è spinto fino a 25-30 km dalla costa, impedendo l'utilizzo dell'acqua per l'irrigazione in un'area che ha superato i 20 mila ettari.
Di quanti chilometri ancora salirebbe il cuneo se si sommasse alle acque sottratte attualmente, anche il 25-30% (i 100 mc/secondo richiesti da una centrale nucleare EDR) di acqua delle portate di minima?

Se il Po è insufficiente,
potrebbero esserlo nel Basso Veronese o nel Cavarzerano
l’ Adige e ancor di più il Fissero-Tartaro-Canalbianco?

Centrale più centrale uguale agricoltura senz’acqua
Già oggi la centrale di Porto Tolle ha obblighi di dimezzamento della produzione e anche di blocco di essa in presenza di portate minime del Po (380 mc/secondo).
Cosa accadrebbe se oltre la centrale a carbone fosse presente una centrale nucleare?
Questa, a differenza di quella a carbone, non può essere fermata. Dunque? Ne verrebbe penalizzata l’agricoltura del Delta e dell’intero Polesine, che si vedrebbe sottratta acqua proprio nei periodi di maggior bisogno.

Il turismo del Delta sopravviverebbe?
Le presenze turistiche straniere nel 2009 sono aumentate in provincia di Rovigo del 2% (del 5,6% nel Delta, quasi 800mila totali), con una occupazione nel Delta di più di 600 unità lavorative.
La semplice presenza di una centrale nucleare (sommata ad una centrale a carbone), gli effetti sugli scanni, con indebolimento delle strutture dovute allo scarso apporto di solidi, potrebbero portare a una stasi e al deperimento dell’industria del turismo .

La pesca
Il pescato del mare di fronte al delta e la molluschicoltura potrebbero vedere in pericolo il proprio mercato per la modifica del regime delle acque nelle lagune (per i molluschi) e per l’effetto negativo sul marketing. Gli attuali 1838 posti di lavoro potrebbero essere mantenuti?

Perdere 600 posti di lavoro nel turismo più 1800 nella pesca da che cosa sarebbero sostituiti?
Il Sole 24Ore alcuni mesi fa, sponsorizzando la nascita del nucleare in Italia, affermava che le 4-5 centrali porterebbero ben 2000 (duemila!) posti di lavoro. Cioè in tutta Italia meno dei posti di lavoro offerti in Polesine da pesca e turismo.
L’efficienza energetica e le rinnovabili sono capaci di creare almeno 30-50 posti di lavoro contro 1 (uno) nel nucleare. In Italia, al 2020 con la diffusione delle rinnovabili si potrebbero creare dai 150 ai 200mila nuovi posti di lavoro. Senza toglierne ad altri settori come pesca e turismo , che, per il Polesine, rappresentano una economia di qualità.

Il nucleare serve per differenziare le fonti energetiche?
Bisogna essere precisi, per non correre il rischio di fare ordinaria demagogia. Uno studio del Cesi Ricerca del 2008, prevede, con la costruzione di 4 reattori EPR di terza generazione evoluta da 1.600 MW l’uno, che si potrebbe risparmiare, dal 2026 in poi, appena 9 miliardi di metri cubi all’anno di gas naturale, pari al 10% dei consumi attuali e pari al contributo di un rigassificatore di media taglia

Il tempo non è una variabile indipendente
Continuare ad ignorare che produrre energia dall’atomo in Italia non sarà possibile prima del 2025-2030 è mettere la testa sotto la sabbia. La crisi economica e quella energetica hanno bisogno di provvedimenti immediati, che solo l’efficienza e le energie alternative possono dare.

Dicono: L'energia nucleare abbondante. Ma sappiamo di che parliamo?
Oggi essa copre il 6,4% del fabbisogno mondiale di energia, e di uranio fissile, a questo ritmo modesto di impiego, secondo il rapporto Aiea del 2001, ce n'era per 35 anni. Certo, si potrebbe ricorrere all'uranio 238, ben più abbondante in natura: si tratta di un tipo di uranio non fissile, che si può trasformare in plutonio, ingrediente principale per le bombe. Materiale dunque ad alto rischio di proliferazione militare e anche sanitario: un milionesimo di grammo è la dose che può essere letale per inalazione.

Ma allora quanto costa il kilowattora nucleare?
il costo dell'energia prodotta è lievitato, man mano che le popolazioni (e i lavoratori) statunitensi chiedevano standard di protezione sempre più elevati.
Vorremmo ricordare a ministri, politici e Confindustria che tuttora il danno sanitario da radiazioni non ammette soglia al di sotto della quale non c'è rischio: dosi comunque piccole - questa è la valutazione della Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Ionizzanti - possono innescare i processi di mutagenesi che portano al danno somatico (tumori, leucemia) o genetico.
Da qui la lievitazione dei costi per la riduzione di rilasci di radiazioni, si badi, in condizioni di funzionamento di routine, degli impianti. E, a maggior ragione, la questione della sicurezza da incidenti.


La morale della storia:
Per raggiungere l’obiettivo del 25%
di energia dall’atomo previsto dal governo,
l’Italia dovrebbe trasformarsi in un unico cantiere nucleare
per almeno 20 anni

Ci vorrebbero almeno 7 reattori nucleari da 1600 megawatt, poi servirebbero i depositi per le scorie e gli impianti per la fabbricazione del combustibile. In sintesi, l’Italia diverrebbe un unico grande cantiere per almeno 20 anni e si ritroverebbe diffuse sul territorio strutture imponenti e insicure, per realizzare le quali bisognerebbe affossare ogni altra forma di produzione energetica, come le rinnovabili, condannando il paese all’arretratezza e rinunciando a tutte le opportunità occupazionali (250mila posti di lavoro già oggi solo in Germania), tecnologiche e di sostenibilità che le rinnovabili invece garantiscono.
“LE POPOLAZIONI DEL BASSO VERONESE, DEL CAVARZERANO, DEL POLESINE, DEL DELTA DEL PO SE LA SENTONO DI RISCHIARE?” è la domanda finale che pone Michele Bertucco .


Lo studio geografico completo dei territori in cui è considerata probabile l’istallazione di un impianto nucleare è a disposizione di chiunque fosse interessato presso la sede di Legambiente Veneto.

domenica 21 marzo 2010

Disastro nucleare di Chernobyl

Non tutti possono capire le dimensioni reali del disastro nucleare di Chernobyl, di ciu la Bielorussia subisce ancora le conseguenze. Molti, specialmente all'estero, pensano che questo incidente sia un evento del lontano passato, ma continua ad interessare tutte le sfere di attività vitale. La cosa peggiore è che non si può essere sicuri che le conseguenze peggiori per la salute e l'ambiente sono nel passato.

Conseguenze ecologiche.
Il 26 aprile 1986, nella quarta unitа della centrale elettrica nucleare di Chernobyl (Ucraina) è accaduto l’incidente. Durante le prime settimane successive al disastro livelli elevati di radiazione causata dagli isotopi di breve durata, soprattutto iodio-131, sono stati registrati su tutto il territorio bielorusso. In alcune città l'intensitа di radiazione ha raggiunto 27 mr/h (circa mille volte superiore alla norma).

Nel periodo attuale e nel prossimo futuro la situazione radioecologica in Bielorussia è determinata dall'attività degli isotopi longevi. Tra loro cesio-137, stronzio-90 e gli elementi transuranici plutonio-238, 239, 240, 241 ed americio-241.

Subito dopo il disastro quasi il 23% del territorio bielorusso con circa 2 milioni di abitanti è stato contaminato da cesio -137, producendo radiazioni del livello di più di 37 kBq/km2. Sul 66% del territorio della repubblica la densità di contaminazione da cesio-137 eccedeva i 0.3 Ci/km2. Secondo diverse valutazioni alla Bielorussia tocca il 34 - 70% delle precipitazioni radioattive totale di questo radionuclide del totale del continente europeo. Date le dimensioni e la complessità delle conseguenze del disastro il governo ha approvato un certo numero di vaste misure, compreso il trasloco degli abitanti dalle zone più contaminate. Nel mese di luglio del 1990 il Consiglio Supremo della Bielorussia, dopo aver considerato la vastità e la gravità delle conseguenze della catastrofe di Chernobyl, ha dichiarato il territorio della repubblica zona di disastro ecologico.

Secondo i dati scientifici a partire da 2002 la situazione radioecologica può essere suddivisa come segue: il 21% del territorio totale (oltre 43 mila km2, principalmente nelle regioni di Gomel, Mogilev e Brest) è contaminato da cesio-137 e quasi 20 mila km2 sono contaminati con stronzio-90 nelle regioni di Mogilev e Gomel (circa il 10% del territorio).

La contaminazione radioattiva del terreno pone seri problemi per il settore agricolo, prima di tutto per quanto riguarda la qualità accettabile degli alimenti prodotti. Sono stati danneggiati anche altri ecosistemi.

I sistemi acquatici più contaminati sono i bacini dei fiumi Dnieper, Sozh e Pripyat. Il problema della contaminazione radioattiva delle masse d'aria si riferisce soltanto alle zone adiacenti quella dell’evacuazione. La formazione della polvere aumenta notevolmente durante i lavori nei campi e nelle altre attività. I disastri naturali incidono significativamente sulla contaminazione radioattiva, soprattutto gli incendi delle foreste e della torba. In seguito alla catastofe nella zona di contaminazione radioattiva si trovano quasi 1.7 milioni di ettari di foreste ossia il 23% delle foreste della repubblica. Secondo le previsioni la contaminazione da radionuclidi delle foreste aumenterà. Tra i prodotti alimentari dei boschi sono contaminati maggiormente i funghi e le bacche (i mirtilli, gli ossicocchi e le fragoline).

Conseguenze sulla salute.
Le mappe delle precipitazioni radioattive di iodio-131 pubblicate durante i primi mesi successivi all'incidente e la ripartizione geografica dei casi di cancro alla tiroide forniscono le prove che praticamente tutta la popolazione della Bielorussia ha subito cosi detta la “scossa dello iodio. L’ irradiazione della tiroide durante il periodo dello iodio ha interessato oltre 500 mila persone tra gli abitanti bielorussi. Più del 30% dei bielorussi soffrono di patologie della tiroide legate al disastro nucleare di Chernobyl. Come è noto a tale patologia conseguono altri disturbi, quali malattie cardiovascolari, cancro al seno e al sistema riproduttivo femminile, disturbi di omeostasi, di metabolismo e dello stato psico-emozionale.

Dalla scossa dello iodio sono stati maggiormente irradiati i bambini (in particolare sotto 7 anni) e gli adolescenti. Si registra un notevole aumento del cancro alla tiroide tra i bambini. Al confronto con il periodo pre-disastro il numero dei casi di cancro tra questi ultimi è aumentato di 33.6 volte e tra gli adulti di 2.5-7 volte.

Per migliorare il supporto medico fornito a questa categoria della popolazione è stato messo a disposizione un certo numero di istituzioni scientifiche e della sanità pubblica.

Oltre alla patologia della tiroide nella popolazione residente nelle zone contaminate si registrano tanti casi di malattie del sistema nervoso ed endocrino. Inoltre, nelle zone contaminate si registra un’aumento dei difetti congeniti allo sviluppo rispetto al periodo pre-disastro.

Si possono pronosticare effetti indiretti della radioattività sulla salute della popolazione sulla base dei dati dei casi di malattie tra le persone che hanno partecipato alla liquidazione delle conseguenze del disastro nel 1986-1987 (circa 70 mila unità) confrontandoli con quelli relativi alla popolazione di simile età che non si sottopone a controlli particolari. Particolarmente tante sono le differenze nei casi di malattie del sistema endocrino (7.4 volte), del sistema della circolazione del sangue (7.4 volte), della digestione (6.4 volte), del sistema nervoso (3.2 volte), dei tumori (2.1 volte).

Il livello di invalidità permanente tra le persone che hanno partecipato alla liquidazione delle conseguenze del disastro è di 1.6 volte superiore a quello della popolazione adulta nella repubblica (114.3 e 71.6 casi ogni 10 mila persone, rispettivamente). Le cause principali di invalidità sono le malattie del sistema della circolazione del sangue e i tumori.

Danni sociali ed economici.
Il disastro nucleare di Chernobyl ha interessato tutte le sfere delle attività vitali, la produzione, la cultura, la scienza, l'economia, ecc. Sono stati messi fuori dall'attività produttiva agricola 2.64 mila km2 di terreno coltivabile. Sono stati liquidati 54 poderi statali e collettivi nel settore agricolo, chiuse 9 fabbriche nel settore commerciale. Nel terreno arabile il raccolto è stato significativamente ridotto, drasticamente decimato il numero dei capi di bestiame.

Sostanzialmente è diminuito l'utilizzo delle risorse minerali, forestali ed altre. Nella zona contaminata esistono 132 giacimenti di materie prime minerali di vario tipo, 22 dei quali sono stati rimossi dall'attività produttiva.

La silvicultura è stata molto danneggiata. Attualmente la perdita annuale delle risorse del legname eccede i 2 milioni di m2. Nella zona contaminata sono situate circa 340 imprese industriali, le cui condizioni di funzionamento sono peggiorate.

I danni totali causati alla repubblica dall'incidente di Chernobyl calcolati per il periodo di 30 anni da relativo superamento sono valutati in USD 235 miliardi, pari a 32 budget repubblicani del 1985. Ciò include le perdite relative al deterioramento della salute, al danneggiamento alle industrie ed al settore sociale, al settore agricolo, all'industria edilizia, al trasporto, alle comunicazioni, all'alloggiamento ed alle aziende communali di abitazioni e servizi, alla contaminazione delle risorse minerarie e materiali di base, alle risorse terriere, idriche, forestali ed altre, così come i dispendi supplementari relativi alla liquidazione ed all'attenuazione delle conseguenze del disastro, nonchè l’assicurazione delle condizioni sicure per la vita della popolazione.

Le sfere principali di attività per il superamento delle conseguenze di disastro.
Durante i primi anni successivi alla catastrofe il Consiglio dei Ministri ha adottato diverse disposizioni e impartito istruzioni circa i problemi di liquidazione delle conseguenze del disastro nucleare di Chernobyl. Tuttavia era sempre più evidente che senza un programma governativo definito della liquidazione delle conseguenze di questo disastro e una rispettiva legislazione tutto il complesso dei problemi non poteva essere risolto. A questo scopo negli anni 1990-1991 si è lavorato intensamente per formulare e promulgare leggi adeguate.

Provvedimenti protettivi nel settore agricolo.
Poichè una parte considerevole della contaminazione si forma attraverso l’assunzione dei radionuclidi con i prodotti alimentari i provvedimenti diretti alla ricezione dei prodotti con i radionuclidi nei limiti della norma nelle zone contaminate hanno importanza primaria. A questo scopo la Bielorussia effettua una gamma di provvedimenti protettivi, inclusi i seguenti:

• Calcinatura dei terreni acidi (oltre 40 mila ettari all’anno);
• Immisione di dosi maggiori di concimi potassici e fosforici nella intera zona dei terreni agricoli contaminati da cesio-137 superiore a 1 ci/km2;
• Immisione di pesticidi nelle colture su terreni con densità di contaminazione da cesio-137 superiore a 5 Ci/km2;
• Miglioramento radicale dei pascoli ed erbai per il bestiame del settore privato e pubblico;
• Utilizzo di assorbenti cesioleganti. La Bielorussia produce boli (pricipalmente per il settore pubblico) e mangimi al ferrocianuro;
• Controllo della radiazione che comprende l'ispezione dei terreni agricoli, il controllo della qualitа di produzione nei limiti del cesio-137 e dello stronzio-90.
Adottare questi ed altri provvedimenti, compresi i processi naturali di autopurificazione e l’immobilizzazione dei radionuclidi, ha permesso nel corso degli anni successivi al disastro di ridurre notevolmente le sostanze radioattive nella produzione agricola: cesio-137 di 10 volte e stronzio-90 di 2-3 volte.

La direzione indispensabile nei lavori di liquidazione delle conseguenze del disastro di Chernobyl è verso il mantenimento delle zone di trasferimento e di isolamento. La zona di trasferimento si estende su 450 mila ettari. La zona di isolamento ne occupa 170 mila, su cui è stata creata la riserva statale di eco-radiazione di Polessie, allo scopo di impedire il trasferimento dei radionuclidi nelle zone meno contaminate, per la protezione dei boschi dagli incendi, per lo studio dello stato dei complessi vegeto-naturali e per il controllo radioecologico.

Lo stato ha particolare cura circa la salute dei bambini che risiedono nelle zone contaminate. Oltre 474 mila persone hanno diritto alla ristabilizzazione, compresi 397 mila bambini ed adolescenti. Le possibilità dello stato permettono di effetuareannualmente la ristabilizzazione di circa la metà dei bisognosi. Nel sistema del comitato di Chernobyl è stata creata e sviluppata la rete dei centri di riabilitazione per bambini ed adolescenti vittime dell'incidente. Attualmente i centri possono ospitare 1.700 bambini e 3 sono centri in costruzione per altri 800 bambini. Solo nel 2001 sono stati riabilitati nei centri oltre 20 mila bambini ed adolescenti.

I paesi dell’Europa occidentale ed altri paesi forniscono l'assistenza alla Bielorussia nella riabilitazione dei bambini. Negli ultimi 5 anni, quasi 220 mila bambini (oltre 50 mila l’anno) sono stati riabilitati in 19 paesi (Germania, Italia, Francia, Belgio, Spagna, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica ceca, Austria, Svezia, Svizzera, Irlanda, Slovacchia, Bulgaria, Iugoslavia, Romania, Gran Bretagna, Lussemburgo e Giappone). Estremamente attive in questa sfera sono le organizzazioni sociali.

Le conseguenze della catastrofe di Chernobyl sono difficili da misurare. Per superarle ci vorranno decine di anni, durante i quali l’economia, le sfere sociali ed altre sfere di importanza vitale saranno sotto il segno del disastro. Annualmente il paese subirà enormi perdite nella produzione e nelle rendite ed i suoi cittadini subiranno perdite relative al deterioramento della salute e della posizione sociale.

Sortir du nucléaire: “con l’Epr rischio Chernobyl”


DA:

IL MANIFESTO BLOG - Dal roquefort alla fusée Ariane, notizie da Parigi a cura di Anna Maria Merlo

  • Nel giorno in cui Nicolas Sarkozy inaugura la conferenza ministeriale di 65 paesi dedicata alla “rinascita” del nucleare civile e offre al mondo la tecnologia francese, la rete Sortir du nucléaire denuncia i rischi legati al reattore di terza generazione Epr. Secondo dei documenti interni di Edf, la società elettrica che sfrutterà l’Epr di Flamanville, nella Manche, la cui apertura è prevista nel 2012, il reattore di terza generazione fa correre dei rischi “di tipo Chenobyl”. “Abbiamo fatto una prima lettura dei documenti, prima di affidarli a degli esperti per un’analisi più approfondita - afferma Charlotte Mijeon, portavoce di Sortir du nucléaire - ma ci sono già cose molto gravi che sono evidenti. Il problema sembra provenire dal sistema di pilotaggio, che deve permettere di modulare la potenza del reattore per seguire la domanda di elettricità. Questa sistema è previsto per aumentare il rendimento. Il problema è che il nucleare non è fatto per le variazioni di intensità e questo puo’ provocare una perdita di controllo, il sistema puo’ imballarsi e creare un incidente tipo Chernobyl. E’ una vera bomba”. Secondo la portavoce, “sembra che la concezione dell’Epr aumenti il rischio di un incidente di tipo Chernobyl, che comporterebbe la distruzione della cinta di confinamento e la dispersione massiccia di radionucleidi nell’atmosfera”. I documenti segreti di Edf sono stati redatti tra il 2004 e il 2009. Ma a Edf affermano: “nessuna conclusione puo’ essere tratta al momento attuale”.

La Francia, che ha in costruizione un Epr e Flamanville e ne ha previsto un altro per il 2017 a Penly, nella Seine-Maritime, ha già venduto un Epr alla Finlandia. Il cantiere è in grande ritardo, i costi sono raddoppiati. Anche la Cina è interessata, mentre la tecnologia francese ha subito una sconfitta a Abu Dhabi, dove un contratto di 40 miliardi di dollari è andato ai sud-coreani. L’Epr è il reattore che dovrebbe essere comprato dall’Italia, in seguito alla svolta nucleare de governo Berlusconi.

Sarkozy, che ha fatto della vendita della tecnologia nucleare civile nel mondo la punta di lancia della diplomazia francese, in apertura della conferenza parigina che deve preparare il vertice sul nucleare dei capi di stato e di governo convocato da Obama a Washington il 12 e 13 aprile prossimi, ha sottolineato l’importanza del legame tra la diffusione del nucleare civile e l’adesione al trattato di non proliferazione. All’Iran (che, con la Siria, non era invitato alla conferenza parigina) ha propoosto l’esempio della decisione “storica” della Libia, che nel 2003 ha rinunciato all’acquisizione clandestina di materiale nucleare. Sarkozy ha anche proposto di creare un Istituto internazionale dell’energia nucleare, con sede in Francia, che sarà costituito da una scuola per formare tecnici del settore e da una struttura di ricerca.

I documenti interni di Edf sono sul sito http://www.sortirdunucleaire.org/

di Anna Maria
8 marzo 2010

venerdì 19 marzo 2010



NUCLEARE: Scajola a vertice Italia-Francia 9/4 firma intese tra imprese

Il 9 aprile a Parigi durante il vertice bilaterale Sarkozy-Berlusconi, verranno firmati gli accordi tra le imprese dei due Paesi per il nuovo programma nucleare italiano. Lo annuncia il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola che oggi ha incontrato a Roma Anne Lauvergeon, presidente del gruppo francese Areva, che produce reattori nucleari e che dovrebbe essere in prima fila per le quattro nuove centrali italiane frutto dell'intesa Enel-EdF. Durante il vertice Italia-Francia - si legge in una nota del ministero - verranno siglate anche intese importanti in materia di conservazione dei rifiuti nucleari e di collaborazione universitaria su ricerca e formazione. Tornando all'incontro di oggi, tema principale e' stato proprio la formazione di un sistema di imprese italiane e francesi che collaborino alla progettazione ed alla costruzione delle centrali nucleari in Italia. Scajola, che rivedra' proprio a Parigi la Lauvergeon, ha poi illustrato lo stato di avanzamento del piano italiano di ritorno al nucleare che, dopo aver definito le procedure per la certificazione dei siti e per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti nucleari, prevede a breve l'avvio operativo dell'Agenzia per la sicurezza nucleare.
Da il SOLE 24 ORE

lunedì 15 marzo 2010

PRESENTATO IL PROGETTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PIU’ GRANDE IMPIANTO FOTOVOLTAICO D’EUROPA

Dal sito della Regione Veneto


(AVN) Fratta Polesine (RO), 11 marzo 2010
“E’ un progetto che fa del Polesine la capitale europea del fotovoltaico”, questo il commento dell’Assessore all’Urbanistica e Politiche del Territorio della Regione del Veneto, intervenuto oggi a Fratta Polesine alla presentazione del progetto per la realizzazione di un parco fotovoltaico in provincia di Rovigo. Si tratta del più grande impianto ad energia solare d’Europa, che si svilupperà su una superficie di oltre 850 mila mq (pari a 120 campi da calcio), compresa tra i comuni di Castelguglielmo e San Bellino, con una potenza installata di 72 MW. La produzione di energia inizierà nella seconda metà del 2010, per raggiungere la piena operatività entro la fine dello stesso anno. Inizialmente il sistema produrrà energia in quantità equivalente al fabbisogno di oltre 17 mila famiglie, con un risparmio annuo di quasi 41 mila tonnellate di CO2, paragonabile all’eliminazione dalle strade di 8 mila automobili. L‘impianto verrà realizzato dalla SunEdison, operatore leader nei servizi di energia solare nel Nord America e dal Banco Santander nella veste di investitore. “Con questo progetto – ha proseguito l’assessore nel suo intervento – la Regione del Veneto dimostra ancora una volta la propria attenzione all’innovazione tecnologica in campo energetico e alla tutela ambientale, ma non solo, il progetto consentirà la creazione di oltre 350 posti di lavoro nella fase di costruzione e nuove competenze locali nel campo delle fonti di energia rinnovabile”. A questo proposito ha invitato i vertici della SunEdison a verificare la possibilità di creare in Polesine un Centro di ricerca, che, attraverso la collaborazione con le università, diventi un luogo dove migliorare e sviluppare le tecnologie del fotovoltaico. “Devo ribadire – ha concluso l’assessore – che questo progetto è la dimostrazione del fatto che quando le istituzioni vogliono si raggiungono sempre i risultati migliori per il territorio e i cittadini. Il problema, quindi, non è la burocrazia, ma la capacità della politica di conoscere quali sono i problemi e a questi dare le giuste risposte. Congratulazioni, allora, ad un sistema politico che ha saputo guardare avanti, superando anche le contrapposizioni politiche e creare quelle condizioni di certezza cha hanno attratto gli investitori stranieri”.

Comunicato n 530 - 2010 (TERRITORIO)

venerdì 12 marzo 2010

RINNOVABILI. ITALIA NON NE PRODURRA' A SUFFICIENZA PER IL 2020

Da LA STAMPA.it del 11/03/2010

Bruxelles, 11 mar. (Apcom) - L'Italia è uno dei cinque Stati membri dell'Ue che prevede di non riuscire a conseguire entro il 2020 il proprio obiettivo nazionale di aumento dell'energia prodotta da fonti rinnovabili nel suo fabbisogno energetico, e che intende acquistare all'estero l'energia 'verde' supplementare necessaria per rispettare gli obblighi del 'Pacchetto clima' dell'Ue. Il dato , non nuovo, è stato confermato ufficialmente oggi a Bruxelles dalla Commissione europea, che ha pubblicato i le previsioni inviate dai governi dei Ventisette riguardo alla produzione e importazione delle rinnovabili nei prossimi 10 anni. Le previsioni degli Stati membri, a detto Marlene Holzner, portavoce del commissario Ue all'Energia Guenther Oettinger, "confermano che l'Ue riuscirà a raggiungere, e addirittura superare, l'obiettivo del 2020", ovvero l'aumento al 20% della quota del consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili (nel 2005 si era all'8,5%). Secondo le proiezioni, si dovrebbe raggiungere il 20,3%. Si tratta, ha osservato la portavoce, di "un segnale molto positivo che dimostra come gli Stati membri prendano sul serio la politica Ue a favore delle energie rinnovabili". Oltre all'Italia, solo quattro altri paesi (Belgio, Danimarca, Lussemburgo e Malta) dovranno ricorrere alle importazioni di energia 'verde' per conseguire i propri obiettivi nazionali, mentre 12 dei 27 Stati membri (comprese Francia e Gran Bretagna) prevedono sia sufficiente la propria produzione nazionale di rinnovabili, e 10 riusciranno addirittura a superare il target. Fra questi, la Germania, la Svezia, la Spagna e la Polonia Quel che emerge subito dal confronto con gli altri paesi è la mancanza di determinazione dell'Italia a produrre nella Penisola stessa tutta l'energia rinnovabile che servirebbe per rispettare l'obiettivo nazionale (il 17% nel 2020, rispetto al 5,2% del 2005), nell'ambito dell'obiettivo comunitario complessivo del 20%, e questo nonostante il fatto che i sussidi pubblici italiani per incentivare la produzione di elettricità rinnovabile siano i più alti di tutta l'Ue, pari a 70 euro per Megawatt/ora generato, e che il potenziale per il solare del Mezzogiorno (in particolare Sicilia, Puglia, e Sardegna) sia il più alto d'Europa insieme a quello del Sud della Penisola iberica. L'Italia, secondo quanto il governo stesso ha comunicato a Bruxelles, intende investire e generare posti di lavoro in paesi terzi piuttosto che utilizzare tutto il potenziale che ha in casa propria: prevede, infatti, di acquistare energia rinnovabile e biocarburanti per circa 4 Mtep (miliardi di tonnellate di equivalente petrolio) all'anno (calcolati al 2020) da alcuni paesi terzi, e in particolare fino a 1,1 Mtep di elettricità 'verde' da Albania, Croazia, Montenegro, Svizzera e Tunisia. Nel rapporto italiano si prevede anche la crescita di queste importazioni in quattro tappe: 0,086 Mtep nel 2014, 0,860 nel 2016, 1,170 nel 2018 e 1,170 anche nel 2020. (Segue) Copyright APCOM (c) 2008

giovedì 11 marzo 2010

(ANSA) - BRUXELLES - La Commissione Ue non cambia linea sul nucleare e continua a ritenere che non debba essere considerato una fonte di energia rinnovabile. Lo ha precisato la portavoce del commissario Ue all'energia, presentando oggi a Bruxelles le stime preliminari sul raggiungimento del target del 20% di energie da fonti rinnovabili entro il 2020. ''Quando parliamo di energie rinnovabili non parliamo mai di nucleare'', ha detto Marlene Holzner. ''La politica della Commissione non e' cambiata'', e continua a considerare fonti rinnovabili solo quelle derivanti da sole, vento, biofuel e biomasse. La portavoce ha ricordato che la Commissione Ue non ha competenze sul 'mix energetico' e che spetta a ciascun stato membro fare le proprie scelte. In Europa, ci sono paesi come la Francia e la Finlandia che hanno puntato quasi tutto sul nucleare, ed altri che invece lo rifiutano. Con il governo Berlusconi, l'Italia ha deciso da poco di ritornare al nucleare, che nel 1987 era stato bandito da un referendum popolare. ''La Commissione non ha competenze sul mix energetico, pertanto noi non interferiamo sulla scelta a favore o contro il nucleare'', ha detto la portavoce. ''Cio' che per noi e' importante e' che vengano garantiti standard di sicurezza molto alti, perche' cio' e' un aspetto che riguarda tutti i cittadini della Ue''. Al momento del suo insediamento, il nuovo commissario ue, il tedesco Gunther Oettinger, ha annunciato che la Commissione sta preparando nuove regole per l'eliminazione delle scorie nucleari, che saranno probabilmente presentate entro la fine dell'anno in corso.

mercoledì 10 marzo 2010

AGGIUNTA SEZIONE CON LE DIECI BUGIE PIU' RICORRENTI SUL NUCLEARE

di Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente

lunedì 8 marzo 2010

Reportage: Il reattore che mette paura.

Dal sito de l'Unità del 23/02/2010

Dall'inviato a Olkiluoto.

Quando entriamo nel «Keskuskonttori» è mezzogiorno. Fuori sono meno sette gradi e c’è neve ovunque. Kathe Sarparanta ha già preparato tutto. Slide e proiettore. L’ufficio centrale del sito di Olkiluoto è luminoso. Ogni movimento è controllato e si passa da stanza a stanza solo col badge. In un silenzio assoluto. Ed è strano. Non si direbbe che a meno di 300 metri ci sia il cantiere della più grande centrale nucleare del mondo. Nata per essere quella tecnologicamente più avanzata, quella più sicura. Così aveva promesso Areva, che la porterà anche in Italia e che detiene i brevetti del nucleo centrale, così sostenevano i politici finlandesi al momento della stipula del contratto, nel 2002. Eppure le testimonianze dei lavoratori, le decisioni delle autorità di controllo, le tante falle che hanno caratterizzato la sua costruzione, raccontano un’altra verità. Olkiluoto 3 è un gigante fragile, tirato su in fretta e male, in spregio alle norme di sicurezza e senza un progetto chiaro. Sarparanta è il manager che controlla la comunicazione per la Teollisuuden Voima Oyj. La Tvo (Compagnia elettrica occidentale) possiede il 90% della piccola isola di Olkiluoto. La società è privata ed è controllata da Pohjolan Voima Oy. È un’associazione di industrie capeggiata da quelle cartiere. «La Finlandia è uno dei primi produttori al mondo di carta» spiega Sarparanta mentre le foto girano sul proiettore. E trasformare il legno in cellulosa brucia energia: «Per questo serve Olkiluoto 3». Eppure il mercato negli ultimi anni è in caduta libera (il 20% solo l’anno passato). «Di carta ce ne sarà sempre bisogno» taglia corto il manager. E per evitare gap di energia ecco l’idea di Olkiluoto 3. Un Epr, appunto, francese. «Lo abbiamo scelto perché il più tecnologico e sicuro». Anche per il prezzo, in verità. 3,2 miliardi chiavi in mano. Tempo di costruzione quattro anni e messa in funzione nel 2009. Erano queste le promesse di Areva. Ma il cantiere è ancora a metà e si parla del 2012, forse il 2013, per la sua apertura. Mentre i costi sono più che raddoppiati. Per poi avere cosa? Mostriamo al manager un documento dell’Autorità finlandese per l’energia atomica (Stuk). È una lettera resa pubblica lo scorso novembre. Porta anche la firma anche dell’autorità inglese (Hse) e di quella francese (Asn). Non ha precedenti per la sua gravità. Descrive una lacuna nel progetto che riguarda il dispositivo di emergenza dell’impianto. Stuk ha rilevato che questo ultimo non è indipendente da quello normale di controllo. Se si pianta il secondo il primo non funziona. Un errore in grado di causare un disastro due volte maggiore rispetto a quello di Chernobyl. Un bel guaio anche per Areva che lo deve progettare di nuovo. Così come ha dovuto rifare i lavori della copertura d’acciaio, una sorta di anello gigantesco che corre attorno al reattore e che dovrebbe isolarlo dall’ambiente esterno. In questo caso ci si è accorti che l’impresa Babcock Noell di Wuzburg, vincitrice dell’appalto, quel manufatto gigantesco non l’aveva fatto con le proprie mani. L’aveva subappaltato in Polonia. Che a sua volta lo aveva subappaltato a un’industria baltica. Risultato? Crepe dappertutto. «In un progetto così grande qualche errore c’è sempre» ci dice Sarparanta. Stuk ne ha contati oltre 2mila. Ad esempio, nel suo report del terzo trimestre, reso pubblico pochi giorni fa, sempre l’autorità ha rilevato come persistano problemi con le saldature della copertura d’acciaio. Alcune di queste erano troppo sottili da non reggere una prolungata usura. Quelle stesse saldature, però, avevano superato già tre ispezioni. Ma come è possibile che gli ingegneri dell’autorità se ne siano accorti al terzo tentativo?La risposta ce la dà Tapio Kettunen, che ha 39 anni ed è ingegnere. Dal 2005 al 2007 ha lavorato al progetto Olkiluoto 3. Dirigeva un gruppo di saldatori specializzati. O almeno così lui pensava. «Una quarantina di persone in tutto. Polacchi, per lo più. Nessuno parlava inglese». La centrale in effetti è una babele: le nazionalità diverse sono 53. Degli attuali 4mila lavoratori solo un quarto sono finlandesi. Molti polacchi (24%), e poi tedeschi, francesi, portoghesi, lituani, estoni, lettoni, inglesi, slovacchi, sloveni e spagnoli. Come il supervisore di Kettunen. Con il quale «comunicavo con le mani». E così con i polacchi. Che proprio specializzati non erano, ma costavano poco. «Nessuno sapeva qual era la temperatura giusta per la saldatura o il grado di voltaggio. Molti di loro avevano imparato a saldare da soli, a casa. Una buona parte delle saldature era difettosa. Capitava di camminare sopra l’acciaio rinforzato e romperlo». Areva, o il subappaltatore Bouygues, avrebbe dovuto provvedere a formarli, ma «non ci hanno fornito neanche le istruzioni». Il fatto è che «a loro non importava nulla di come venissero svolti i lavori». A loro «serviva solo carta». L’importante era fare in fretta e «avere i documenti a posto». Kettunen si è licenziato. «Non potevo più firmare quei progetti». I difetti sono rimasti. «Olkiluoto 3 è insicura? Posso parlare solo per le saldature. E le dico che quelle che ho visto io erano un’altra cosa». Avere i documenti a posto è indispensabile. I controlli spesso avvengono, inevitabilmente, a cose fatte. Non sempre bene. Andrzej Miciak è polacco e ha lavorato fino al 2007 alla centrale. Saldatore e spesso semplice manovale è uscito allo scoperto grazie a Greenpeace. «Se qualche caporeparto individuava un danno, un rinforzo rotto o danneggiato, ci diceva di coprirlo col cemento». Senza ripararlo. «Dava la stessa indicazione, coprire col cemento, anche se c’erano dei pezzi mancanti, e che capitava spesso». Non si poteva aspettare e allungare i tempi di consegna. «Non ricordo più quanti errori sono stati coperti col cemento». Ma uno è saltato fuori,tanto era macroscopico. Ci si è resi conto, a un certo punto, che lo strato posato sopra la vasca del reattore non era regolare. Troppo granuloso, con qualche asperità, addirittura poroso. Non isolante, ecco. Alle 16.00, a Olkiluoto la temperatura è scesa a -10 gradi. È quasi notte. Sarparanta si congeda. Lei sarà qui quando nascerà la centrale, ma non la vedrà morire, nel 2073. Forse neanche i suoi figli. I nipoti, si spera, ma anche per loro lo smantellamento definitivo, nel 2120, sarà un tabù. Olkiluoto 3 impegnerà tre generazioni di finlandesi a una lunga ipoteca. La stessa che fra tre anni avrà l’Italia
23 febbraio 2010

domenica 7 marzo 2010

AMBIENTE. Il Consiglio ha respinto l’ordine del giorno del centrosinistra contro l’installazione di centrali nucleari in città Comune denuclearizzato? No grazie

La seduta è stata animata dagli attivisti del comitato che teme la realizzazione di un reattore a Torretta
L'Arena Sabato 06 Marzo 2010
PROVINCIA,
pagina 40

Sono arrivati l’altra sera in consiglio comunale bardati di striscioni, cartelli, bandiere e maschere antigas «per ribadire la loro contrarietà alla possibile installazione in città di una centrale nucleare». E con la speranza perciò di veder nuovamente dichiarato Legnago «Comune denuclearizzato» come avvenne già nel 1986 quando l’assemblea vietò su tutto il territorio la costruzione di impianti che sfruttano l’energia atomica. Ma la colorita manifestazione inscenata a palazzo de’ Stefani, sotto il controllo dei carabinieri e con tanto di inno di Mameli, dagli attivisti del comitato antinucleare sorto in città lo scorso dicembre non ha sortito l’effetto sperato. Ed il gruppo di ambientalisti capeggiato da Lino Pironato ed arrivato ormai a contare 400 aderenti in tutta la Bassa e persino nelle province limitrofe ha così abbandonato l’aula a tarda notte battendo ironicamente le mani per il mancato sostegno istituzionale alla battaglia in cui sono impegnati da tre mesi.
Il consiglio ha infatti respinto, con l’astensione di Lega e Pdl ed il voto favorevole dell’opposizione e dell’ex leghista Lucio Martinelli, l’ordine del giorno presentato per conto del centrosinistra da Donatella Ramorino di «Liberinsieme» per convincere gli schieramenti a giocare d’anticipo. E a schierarsi pertanto contro l’eventuale costruzione di un sito nucleare a Torretta. «Un’ipotesi», ha sottolineato Ramorino, «che non è affatto da sottovalutare di fronte non solo al piano varato dal Governo per ritornare al nucleare. Ma anche sulla scorta del vecchio progetto del Cnen, che nel 1979 aveva individuato proprio nel territorio delle Valli grandi uno dei siti con le caratteristiche adatte ad ospitare una centrale». L’accorato appello lanciato dal centrosinistra alla maggioranza, facendo leva «sui rischi che un reattore comporterebbe per l’ambiente, la salute e l’economia di Legnago e dell’area circostante» è caduto però nel vuoto. E così, diversamente a quanto successe 24 anni fa all’epoca dell’amministrazione Buoso quando il «no al nucleare» passò con il solo voto contrario del Msi, il comitato dovrà rinunciare all’attesa «garanzia» del Comune. «Ci siamo astenuti», ha spiegato il sindaco Roberto Rettondini, «perchè il problema non sussiste e l’ipotesi è campata in aria come ha assicurato anche il futuro governatore Luca Zaia. Non vedo perchè dobbiamo sostenere una campagna pre-elettorale strumentale, che alimenta solo timori ingiustificati tra i cittadini». S.N.



giovedì 4 marzo 2010

COMUNICATO STAMPA



CONSIGLIO COMUNALE DI LEGNAGO DEL 4 MARZO. IL COMITATO ANTINUCLEARE SARÀ PRESENTE CON I SUOI COLORI E CHIEDERÀ DI INTERVENIRE.


Giovedì 4 marzo è stato convocato a Legnago un Consiglio Comunale con all’ordine del giorno la questione aperta della possibile installazione di una centrale nucleare nel territorio comunale.
Nel 1979 il CNEN (Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare) individuò proprio nel territorio delle Valli Grandi ed in particolare a Torretta (v. cartina allegata) uno dei possibili siti ove avrebbe potuto essere ospitato un reattore nucleare.
Il successivo referendum abrogativo dell’87 seguito alle contestazioni antinucleari avvenute in tutto il Paese ed al disastro di Černobyl' fece abbandonare quel progetto.
La recente decisione del governo di riavviare un programma nucleare in Italia fa riemergere quella possibilità.
Il Comitato Antinucleare di Legnago e Basso Veronese sorto proprio a Torretta nel dicembre scorso e che ha già messo in campo diverse iniziative di informazione della cittadinanza, sarà presente al Consiglio Comunale il 4 marzo con i propri colori per una manifestazione silenziosa e pacifica, per dimostrare la contrarietà della popolazione della Bassa a tale ipotesi e per invitare il Consiglio Comunale e la Giunta a confermare la propria la contrarietà come già avvenne nel 1986, quando il Consiglio Comunale dichiarò Legnago “Comune denuclearizzato”.
Inoltre il Comitato chiederà la parola al fine di poter esprimere compiutamente le proprie motivazioni.
Nella cartina sopra, evidenziate in rosso le aree idonee per il CNEN 1

mercoledì 3 marzo 2010

COMUNICATO STAMPA


NUCLEARE. LA LEGA È “SCHIAVA DI ROMA”

Il Comitato Antinucleare ha incontrato gli esponenti dell’autonomismo Veneto.
Contradditoria la Lega; nettamente contrario il PNV di Panto; per un referendum regionale
Silvano Polo. Prime crepe fra l’elettorato leghista.
Nei giorni scorsi il Comitato Antinucleare ha incontrato in due diverse occasioni esponenti
dei principali soggetti politici dell’autonomismo veneto: la Lega Nord in un incontro pubblico a
Legnago il 25/2; il PNV di Gianluca Panto e Il Partito dei Veneti di Silvano Polo nel corso
dell’incontro-dibattito pubblico coi candidati presidente il 20/2, ma disertato invece da Luca Zaia.
Differenti le posizioni sul nucleare espresse dai diversi partiti. Netto il no di Gianluca Panto:
- “il veneto è autosufficiente per l’energia elettrica, il nucleare non serve, bisogna pensare a come
cambierà l’economia nei prossimi decenni perché sarà meno energivora”; per Silvano Polo invece: -
siamo contro il nucleare, ma devono essere i Veneti a decidere con un referendum perché non può
essere che la decisione di un referendum abrogativo come quello dell’87 possa essere
arbitrariamente ribaltata dal Governo romano”.
La Lega Nord invece ha confermato ai nostri inviati una grande contraddittorietà: è
favorevole a Roma, sia in Parlamento che al Governo dove siede Luca Zaia; non contraria e quindi
agli effetti pratici favorevole, è a Venezia; mentre invece il candidato di Lega e PDL, in campagna
elettorale ha detto di essere favorevole al nucleare in sé ma contrario nel Veneto (come se gli effetti
di una centrale ad Ostiglia, a Viadana, a Caorso o a Monfalcone, rispettassero i confini regionali).
Messi di fronte a queste contraddizioni evidenziate dai nostri inviati, gli esponenti della
Lega, presente fra gli altri anche Cenci, non hanno trovato di meglio che riversare su di loro una
raffica menzogne e di insulti inconcludenti.
Grande confusione, insomma, utile per rassicurare il proprio popolo; ma in realtà con queste
decisioni la Lega più che “ancella del dio Po” sembra invece essere “schiava di Roma”.
Gli elettori di centro-destra cominciano però a rendersi conto della situazione, come
dimostrano le adesioni trasversali al nostro comitato e le e-mail che riceviamo, come quella
allegata.

lunedì 1 marzo 2010

Intervento di Stefano Ciafani

Il Comitato ha il piacere di comunicarVi che sul nostro canale su You Tube è disponibile l'intervento di Stefano Ciafani, responsabile scientifico nazionale di Legambiente, che si è tenuto nel dibattito del 20 Febbraio 2010 a Legnago (VR) con i candidati alle elezioni regionali per la regione Veneto del 28/29 Marzo 2010.
Titolo dell'intervento: "Le 10 bugie più ricorrenti sul nucleare"

Vi invitiamo a prenderne visione e meditare...MEDITARE...